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ALTRE APPLICAZIONI GENEROSE DELLA PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO, Luigi De Simone

La particolare tenuità si applica a favore di chi guida in stato di ebbrezza?

di Luigi De Simone

Abstract: Dopo la riforma Cartabia sempre più ricorrente sarà l’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto da parte dei giudici anche per fattispecie di reato che destano particolare allarme sociale.

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Si ritorna  ad affrontare un tema molto delicato in quanto l’istituto dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto è sempre più applicato dall’Autorità Giudicante e lo sarà sempre di più a seguito della Riforma Cartabia1 che ne prevede, tra l’altro, in linea teorica, l’applicabilità per tutti i reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore nel minimo a due anni rispetto alla pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, prevista ante riforma. Il nuovo limite edittale è certamente finalizzato a ridurre i carichi giudiziari nelle aule di giustizia, in linea con l’obiettivo perseguito dal Legislatore del 2015 che ha introdotto il nuovo istituto.

Proprio in riferimento a quest’ultimo è stata segnalata su questa rivista una pronuncia del mese di febbraio2, che ha affrontato la questione dell’applicabilità dell’istituto de quo al “rifiuto di sottoporsi al controllo del tasso alcoolemico”, ex art. 186, comma 7 CdS, sancendo il principio per cui la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi al test alcoolemico.

Recentemente è intervenuta  la Corte di Cassazione, che non ha ritenuto applicabile la causa di non punibilità al conducente sorpreso alla guida con un tasso alcolemico molto alto, in contrasto con la sentenza della stessa Cassazione di meno di due anni fa che, invece, aveva ritenuto che l’elevato tasso alcolemico non esclude la particolare tenuità del fatto se il conducente è soggetto incensurato, non abituato all’uso di sostanze alcoliche e se la condotta può essere considerata particolarmente modesta, ad esempio perché non ha causato sinistri, né pericoli per gli altri conducenti3.

Come anticipato recentemente, gli Ermellini hanno aderito a un diverso orientamento, ritenendo che guidare di notte e con un tasso alcolemico molto alto costituisce una condotta troppo grave per poter essere perdonata dal giudice, per via del pericolo che ne è derivato per la circolazione4. Nel caso di specie, ad essere stata sorpresa alla guida del proprio veicolo era una signora il cui tasso alcolemico era pari a 2,57 grammi per litro, cinque volte superiore alla soglia della rilevanza penale.

Secondo la Suprema Corte, anche in assenza di incidenti, se la condotta del responsabile è indiscutibilmente pericolosa per l’incolumità degli altri, l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere concessa. In sostanza, occorre sempre  una valutazione complessiva delle modalità della condotta, dell’entità dell’offesa e dell’esiguità del danno e del pericolo; con la conseguenza che, anche in assenza di un danno concreto cagionato, l’aver messo a repentaglio l’incolumità altrui non permette di escludere la condanna.

Sempre in riferimento alla guida in violazione dell’art. 186 CdS è di pochi giorni fa il deposito di una interessante sentenza della Cassazione5 che affronta, invece, il caso di sospensione della patente di guida a carico di un conducente brillo non condannato per la particolare tenuità del fatto, ritenuta sussistente.  Il caso: il conducente ricorreva al decreto penale di condanna irrogato per guida in stato di ebbrezza con tasso superiore a 1,5 g/l.  Il Tribunale di Trento, sul ricorso presentato, emetteva sentenza di non punibilità per particolare tenuità del fatto, non in linea con la sentenza appena citata dello scorso mese di maggio. Ma come già più volte evidenziato, non ci si scandalizza sulla non univocità dell’applicazione del principio in discussione.

Il caso offre, però, un ulteriore spunto di riflessione. Infatti con la sentenza il Tribunale emetteva, sbagliando, provvedimento di sospensione della patente  di guida per due anni a carico del soggetto, nonostante l’assoluzione.  Il titolare della patente ricorreva per violazione di legge, in quanto il difensore  sosteneva che sussiste una previsione espressa circa la applicazione delle sanzioni accessorie in caso di sentenza di patteggiamento, previsione che è invece del tutto assente per le ipotesi di sentenze di proscioglimento, compresa quella con la quale viene riconosciuta la particolare tenuità del fatto.

I Giudici accoglievano il ricorso ritenendo la competenza della sospensione della patente del Prefetto, riprendendo una sentenza delle SS.UU.6 secondo cui “In tema di guida in stato di ebbrezza, alla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, consegue l’applicazione, demandata al Prefetto, delle sanzioni amministrative accessorie stabilite dalla legge”. Dopo aver fatto riferimento alle SS.UU. i giudici precisavano che  “quando manca una pronunzia di condanna ovvero di proscioglimento, le sanzioni amministrative riprendono la loro autonomia ed entrano nella sfera di competenza dell’amministrazione pubblica. Tale regola è espressa testualmente con riferimento all’istituto della prescrizione, ma ha impronta per così dire residuale: è cioè dedicata alle situazioni in cui condanna o proscioglimento nel merito manchino. Essa, dunque, trova razionale applicazione anche nel contesto in esame in cui, appunto, il fatto non è punibile per la sua tenuità e non si fa quindi luogo ad una pronunzia di condanna”.

È copiosa la giurisprudenza, quindi, sull’applicazione della particolare tenuità del fatto, spesso con orientamenti completamente opposti. Il fatto che il numero di sentenze aumenterà sensibilmente dopo la c.d. riforma Cartabia determina, a parere di chi scrive, la necessità di un’altra pronuncia delle SS.UU., al fine di meglio parametrare la tenuità del fatto, soprattutto nei confronti dei reati di pericolo che, come noto, prevedono una tutela penale anticipata rispetto alla lesione materiale del bene giuridico protetto, ponendo però problemi di compatibilità con il principio di offensività.


NOTE

  1. D. lgs. 18 marzo 2015, n. 28, come recentemente modificato dalla c.d. riforma “Cartabia”.: “ «1.Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, anche in considerazione della condotta susseguente al reato, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale. (omissis)».
  2. Cassazione penale, sez. IV, sentenza n. 5894 del 13 febbraio 2023.
  3. Cassazione penale, sentenza n. 35825 del 30 settembre 2021.
  4. Cassazione penale, sentenza n. 22681 del 25 maggio 2023.
  5. Cassazione penale, sez. IV, sentenza n. 25820 depositata il 15 giugno 2023.
  6. SS.UU., sentenza n. 13681 del 25 febbraio 2016, Rv. 266592 – 01.

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