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BODY CAM LEGALI SOLO CON IL PARERE PREVENTIVO DEL GARANTE, Massimiliano Mancini

Non si può adottare un mezzo di videosorveglianza molto invasivo se sia solo utile, ma se ne deve dimostrare la necessità

Massimiliano Mancini

Abstract: Il proliferare dei sistemi di videosorveglianza mobile indossabili, ossia le body cam, non implica che esse siano di libero utilizzo legittimate solo dalla mera utilità per la sicurezza dei cittadini oppure poiché, come ha ribadito ripetutamente il Garante, se ne deve dimostrare la necessità senza compromettere i diritti e le libertà dei cittadini, quindi è sempre necessaria non solo la valutazione d’impatto-DPIA, svolta in maniera completa e oggettiva, ma essa deve essere specifica e inviata in valutazione preventiva all’Autorità garante.

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L’impiego legale delle body cam

Le body cam sono telecamere indossabili che permettono di riprendere foto, video e audio, archiviandoli nella loro memoria, di quanto sia sostanzialmente nel suo campo visivo frontale dell’operatore che le utilizza. La disciplina non distingue specificatamente le body cam dagli altri strumenti di videosorveglianza, però distingue gli strumenti in funzione della loro invasività.

Non essendoci la possibilità di fornire alcuna informativa sul trattamento dei dati, come impone inderogabilmente la normativa sui trattamenti generali dei dati personali (art. 13-14 GDPR), questo sistema di videosorveglianza può essere impiegato solo per quelle finalità che, escluse dal campo di applicazione del GDPR (art. 2 par. 2 lett. d GDPR e art. 1 d. lgs. 51/2018), non richiedono come condizione di liceità del trattamento il consenso dell’interessato e l’informativa sul trattamento dei dati come sono esclusivamente le finalità di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento dei reati e delle minacce alla sicurezza pubblica.

Non basta che siano utili, devono essere necessarie

Il principio di necessità che legittima l’impiego di questi dispositivi risiede nell’esigenza di documentare azioni illecite in un “teatro operativo” particolarmente complesso e ad alto rischio, pertanto l’impiego deve essere motivato caso per caso e non può essere generalizzato, lo abbiamo sempre detto eppure le amministrazioni locali credono di poter aggirare gli obblighi con i propri regolamenti, ma, come ripete sempre il Garante, il fine non giustifica mai i mezzi piuttosto i mezzi qualificano il fine.

Quindi non basta che questi strumenti tecnologici possano risultare utili agli operatori di polizia, ma serve che essi siano necessari e che non vi sia altro modo per svolgere la funzione, il Garante lo dice espressamente, ci deve sempre essere una necessaria proporzionalità tra l’impiego delle body cam e le esigenze operative.

Cosa si deve fare per impiegare legittimamente le body cam

L’Autorità Garante, fornendo il proprio parere preventivo (art. 24 d. lgs. 51/2018) alla valutazione d’impatto sulla protezione dei dati-DPIA, presentate rispettivamente dal Ministero dell’Interno-Dipartimento della pubblica sicurezza [1] e Arma dei Carabinieri-Comando generale[2], ha precisato e disposto che:

  • è sempre necessaria la valutazione preventiva del Garante sulla DPIA per legittimarne l’impiego, poiché con le body cam il trattamento è sempre da considerarsi ad alto rischio[3] (art. 24 c. 1 lett. b del d.lgs. 51/2018);
  • l’impiego delle body cam deve essere documentato nei verbali, negli atti di polizia giudiziaria, nelle annotazioni di servizio, con l’identificativo dell’operatore che l’indossa[4].
  • le immagini possono essere conservate al massimo per sei mesi con cancellazione automatica, salvo il diverso termine fissato nel caso di procedimenti penali[5];
  • devono essere implementate idonee misure di sicurezza e tracciamento degli accessi.

Questi aspetti sono stati ribaditi nell’intervista che l’Autorità Garante ha rilasciato alla nostra rivista.

Non serve informativa sindacale

Le disposizioni dello Statuto dei lavoratori in tema di videosorveglianza, che convive pienamente con l’attuale normativa sovranazionale poiché sanziona in maniera più severa i trattamenti illeciti già vietati dal GDPR, si applica ai trattamenti dai quali “…derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori…” (art. 4 l. 300/1970[6]).

Appare difficile, su un piano logico, configurare una condizione di controllo a distanza del lavoratore laddove queste telecamere riprendono ciò che vede l’operatore ma non l’operatore stesso. Inoltre, su un piano squisitamente giuridico, si deve evidenziare che i principali sistemi di telecamere indossabili/body cam non prevedono l’attivazione a distanza ma, proprio in ossequio al principio generale di minimizzazione dei dati e alle norme vigenti specifiche (art. 23 c. 1[7] e art. 24 c. 1[8] DPR 15/2018), che impongono che l’impiego di tali sistemi sia limitato all’effettiva necessità derivante dall’esercizio concreto di un potere autoritativo, conformemente anche alle specifiche disposizioni date tassativamente dal Garante (Provvedimento 290/291 del 22/07/2021) esse devono essere normalmente spente per essere accese solo in caso di effettiva necessità, eventualità che già esclude l’applicabilità della specifica disposizione dello statuto dei lavoratori, ma a togliere ogni dubbio sovviene il fatto che questi sistemi di videosorveglianza non prevedono di norma la trasmissione delle immagini a distanza se non per alcuni modelli e per espressa opzione dell’operatore laddove ne ravvisi la necessità, altrimenti le immagini sono salvate in locale su memorie di massa cifrate e con controllo degli accessi come misura ineluttabile di sicurezza (art. 24 c. 3/4 DPR 15/2018[9]).

Note


[1] Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, provvedimento n. 290 del 22 luglio 2021.

[2] Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, provvedimento n. 291 del 22 luglio 2021.

[3] Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, provv. 291/2021 punto 4 pag. 7-8 «[…omissis…] Pertanto, l’attività di trattamento in discussione va considerata a elevato rischio per gli interessati e, trovando applicazione l’articolo 24, par. 1, lett. a) del Decreto, si ritiene necessaria la consultazione preventiva.».

[4] Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, provv. 291/2021 punto 2.4 pag. 4  Nelle relazioni di servizio, nei verbali e nelle annotazioni di polizia giudiziaria dovrà essere richiamato il nome del file generato automaticamente dal sistema, recante, tra l’altro, il “CIP” del militare utente e l’identificativo della videocamera.».

[5] Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, provv. 291/2021 punto 6 pag. 8-9 «[…omissis…] Tutto ciò considerato, il termine di sei mesi indicato nella DPIA quale punto di equilibrio tra le esigenze dell’attività di polizia e quelle di tutela dei dati personali appare ragionevole e rispettoso dei principi previsti dalla disciplina in materia di protezione dei dati personali. Risulta, altresì, rispettato il principio della privacy by default, essendo prevista la cancellazione automatica dei dati personali acquisiti alla scadenza dei sei mesi.».

[6] L. 300/1970, art. 4 (Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo) «1. Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.».

[7] DPR 15/2018, art. 23 (Sistemi di ripresa fotografica, video e audio) «1. L’utilizzo di sistemi di ripresa fotografica, video e audio per le finalità di polizia di cui all’articolo 3, è consentito ove necessario per documentare: una specifica attività preventiva o repressiva di fatti di reato, situazioni dalle quali possano derivare minacce per l’ordine e la sicurezza pubblica o un pericolo per la vita e l’incolumità dell’operatore, o specifiche attività poste in essere durante il servizio che siano espressione di poteri autoritativi degli organi, uffici e comandi di polizia.».

[8] DPR 15/2018, art. 24 (Speciali misure di sicurezza relative al trattamento di dati attraverso sistemi di videosorveglianza e di ripresa fotografica, audio e video) «1. I sistemi informativi e i programmi informatici destinati alla registrazione e alla conservazione dei dati personali raccolti attraverso sistemi di videosorveglianza e di ripresa fotografica, audio e video, sono configurati, in conformità al criterio di necessità del trattamento dei dati personali di cui all’articolo 5, in modo da ridurre al minimo l’utilizzazione di dati relativi a persone identificabili.».

[9] DPR 15/2018, art. 23 «3. Sono adottate specifiche misure di sicurezza contro i rischi di accesso abusivo di cui all’articolo 615-ter del codice penale nei confronti degli apparati di ripresa digitale utilizzati ai fini della registrazione delle immagini qualora connessi a reti informatiche. 4. Gli accessi e le operazioni, effettuati dagli operatori abilitati in relazione ai sistemi informativi di cui al comma 1, sono registrati in appositi file di log, non modificabili, che sono conservati per cinque anni dall’accesso o dall’operazione. Sono fatti salvi i diversi termini di conservazione previsti da speciali disposizioni.».

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