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DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA: LE ULTIME SENTENZE, Luigi De Simone

È tutta colpa degli esercenti!? 

di Luigi De Simone

Abstract: È oramai divenuta una costante condannare il gestore di un pubblico esercizio, chiamato a rispondere del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, ex art. 659 c.p., durante le serate della movida.

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È oramai divenuta una costante condannare il gestore di un pubblico esercizio, chiamato a rispondere del reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, ex art. 659 c.p.1, a causa degli schiamazzi degli avventori che stazionano davanti al proprio locale anche in orario notturno.

Recentemente una sentenza della Cassazione2 ha confermato la condanna inflitta nel 2021 dal Tribunale di Cuneo, a carico del titolare di una birreria del centro storico. Certamente la sentenza conferma un trend giurisprudenziale costante, ma con una novità. Infatti, tra le motivazioni il Tribunale citava anche l’esistenza di un Regolamento di Polizia Urbana che imponeva agli esercenti di adottare ogni misura utile al fine di evitare il disturbo alla quiete pubblica ed al riposo delle persone.

Ma andiamo per ordine. Già una sentenza della Cassazione del 20223 aveva confermato la condanna per disturbo al riposo delle persone, inflitta in primo grado, nonostante la violazione del precetto avesse interessato solo un’abitazione, tra l’altro ubicata al centro della “zona movida”. Infatti la strategia difensiva, rilevatasi non efficace, era incentrata sul fatto che era inverosimile pensare che il locale dell’imputato potesse essere l’unica fonte di inquinamento acustico della zona. Infatti la Corte aveva affermato che, affinché il reato in questione sussista, non occorre che l’area interessata dalle emissioni sonore sia particolarmente vasta, né che siano interessati un numero rilevante di soggetti. Rilevante è, invece, per i giudici, il fatto che il disturbo sia arrecato ad un gruppo indeterminato di persone, anche se in numero contenuto. Inoltre hanno precisato che l’effettiva idoneità ad arrecare disturbo delle emissioni sonore, derivanti da musica, grida, vociare etc, sia un accertamento rimesso all’apprezzamento del giudice di merito anche in assenza di accertamenti tecnici.

Venendo alla più recente e già citata pronuncia, la Corte ha valutato qualche elemento di novità rispetto alle precedenti sentenze.

Prima di tutto ha ribadito che in capo agli esercenti pubblici vi è l’esistenza di una “posizione di garanzia” cui è correlato l’obbligo giuridico di impedire gli schiamazzi o comunque i rumori prodotti, in maniera eccessiva, dalla propria clientela, e l’applicazione del principio giuridico di cui alla norma generale posta dall’art. 40, comma 2, c.p., secondo cui risponde di un evento dannoso o pericoloso colui il quale abbia l’obbligo giuridico di impedirlo.

Secondo la Corte, richiamando altri precedenti4, tale obbligo impone a carico dell’esercente il doveroso esercizio di un potere di controllo, rispetto alle condotte poste in essere da parte dei clienti, sia che si trovino all’interno del locale, sia che gli schiamazzi e i rumori siano prodotti all’esterno del locale, e di attuare tutte le misure necessarie per contenere il disturbo, dando i dovuti avvisi alla clientela, impiegando il personale dedicato o somministrando le bevande soltanto in recipienti non da asporto ed, inoltre, ricorrendo all’Autorità di polizia.

L’elemento di novità della recente sentenza sta nel fatto che, proprio per rafforzare la posizione di garanzia rivestita dagli esercenti, la Corte ha fatto riferimento alla previsione contenuta dal Regolamento di Polizia Urbana adottato dal Comune interessato, il quale prevedeva espressamente che i titolari di autorizzazione per esercizi pubblici di somministrazione “hanno l’obbligo di vigilare affinchè all’uscita dei locali, nelle pertinenze e nelle immediate adiacenze di questi, i frequentatori evitino comportamenti dai quali possa derivare pregiudizio alla quiete pubblica e privata, nonchè all’igiene alla pubblica decenza etc, invitando gli stessi ad attenersi a comportamenti civili e se del caso avvertire le forze dell’ordine“. La Corte non ha ritenuto sufficiente il fatto di mettere avvisi alla clientela e servire le bevande in bicchieri di plastica.

Inoltre gli Ermellini hanno confermato che la fattispecie de qua ha natura di reato di pericolo e che, quindi, la violazione può configurarsi anche in assenza di offesa a soggetti determinati, quando venga posta in essere una condotta idonea ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone. Nel caso affrontato vi era la presentazione della querela da parte di sette residenti, di cui quattro anche costituitisi parte civile e non erano state ritenute rilevanti le testimonianze di altri residenti che non lamentavano alcun disturbo. Tra l’altro i giudici hanno evidenziato che già nel 2015 e nel 2016 gli stessi querelanti avevano  prodotto querele che avevano generato dei procedimenti penali, poi definiti mediante l’oblazione da parte del condannato che, quindi, dopo 7/8 anni non aveva posto in essere alcuna azione atta ad evitare il disturbo lamentato.

Da sottolineare, infine, che nessun problema ha evidenziato la Corte in merito alla modifica del regime di procedibilità dell’art. 659 c.p. comma 1, attuato dalla Riforma “Cartabia”. Infatti la perseguibilità di ufficio è rimasta inalterata quando il disturbo alla quiete ed al riposo delle persone “abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità“, come previsto dal comma 2 dello stesso articolo. E comunque vi erano le querele presentate nel 2017, addirittura seguite dalla costituzione di parte civile di alcuni querelanti.

In conclusione la Corte dichiarava inammissibile il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni alle parti civili.

Certamente è difficile contemperare il diritto delle persone a riposare5, forse preminente, e il diritto di iniziativa economica,6 il cui esercizio comunque non deve arrecare danni alla salute e all’ambiente. Ma questo ampliamento dell’ambito di applicazione della responsabilità penale sopra evidenziata non confligge con la certezza del diritto? Si tratta di responsabilità oggettiva, ovvero di responsabilità penale in assenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa?


NOTE

  1. Codice Penale 659 c.p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) «Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arrestofino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309. Nell’ipotesi prevista dal primo comma, la contravvenzione è punibile a querela della persona offesa, salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità. Si applica l’ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.»
  2. Cassazione, III sezione penale, sentenza n. 12555 del 12 marzo 2023.
  3. Cassazione, sentenza n. 3952 del 4 febbraio 2022.
  4. Cassazione, III sezione penale, sentenza n. 14750 del 22 gennaio 2020.
  5. Articoli 3-32 Costituzione.
  6. Articolo 41 Costituzione «1. L’iniziativa economica privata è libera. Comma 2. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. …(omissis)…».

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