ETHICA SOCIETAS-Rivista di scienze umane e sociali
Lucrezia Fioretti Sociologia e Scienze Sociali

QUANDO NASCE LA PAURA DELL’ALIENAZIONE CI DIVERTIAMO CON IL TRUMAN SHOW, Lucrezia Fioretti

Dal famoso film uno spunto di riflessione sulle teorie della scuola di Francoforte e sulla diffusione delle fake news

di Lucrezia Fioretti

Abstract: Nella metà del XX secolo la cultura è diventata un prodotto dell’industria ed è diventata il riflesso del razionalismo economico. Tutte le azioni del sistema si basano sull’analisi e sull’anticipazione dei comportamenti dei consumatori e i media possono anticipare e comprendere i nostri bisogni e questo strumento è capace di sfruttare un controllo sociale grazie al quale le grandi potenze economiche possono manipolare l’individuo ed essere anche strumento per la diffusione di controllo e sfera di protezione per quel pubblico, lo stesso del Truman Show, incapace di ribellarsi al sistema per paura di un senso di alienazione come accade, ad esempio, quando la diffusione di fake news si fa così tanto preponderante da incentivare e rafforzare idee estremiste.

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Autoscatto di Lucrezia Fioretti

Immaginate la vita perfetta, magari con una bella casa, in una città tranquilla, con al fianco la persona che si ama, senza apparenti problematiche se non quelle legate alla mera ordinarietà funzionale allo sviluppo della società. Immaginate, poi, che un giorno ci si renda conto, come colpiti da un’epifania[1] joyciana[2], che tutto ciò è una finzione. Che niente di tutto quello che trasmetteva sicurezza e pace è nato per essere tale, ma per diletto altrui. Questa è la storia di Truman Burbank, il protagonista del Truman Show, lo spettacolo della sua vita, e quello che a noi è arrivato come omonimo film.

locandina The Truman Show© (1998)

Quella che noi vediamo è la presa di consapevolezza di Truman di vivere all’interno di una serie tv e di come la sua vita sia stata plasmata per soddisfare i piaceri e la contentezza degli altri. Un programma tv basato sulla sua storia, dal giorno in cui è nato dopo una gravidanza indesiderata e poi “adottato” da una rete televisiva. Tutti intorno a lui, dalla sua famiglia, a sua moglie e agli amici sono attori assunti dal programma, così da fare in modo che la loro influenza possa essere più potente nel cambiare la vita di Truman. Saranno poi le diverse gaffe dei personaggi durante il film che gli faranno capire di vivere in una menzogna. È in questi momenti, infatti, che si renderà conto di vivere una vita sbagliata e falsa e che sarebbe anche disposto a morire, pur di sfuggire all’occhio invisibile che faceva della sua vita una serie tv, alla ricerca di emozioni, gioie, ma anche sbagli, che fossero però frutto delle sue scelte. È un film tanto comico quanto straziante, che racconta la primaria incapacità di poter reagire a situazioni in cui le sorti sono decise da altri. C’è poi un fattore in più, quello dei media, che viene presentato al pubblico come utile perché portatore di divertimento, emozioni e allegria, ma che dall’altra parte mostra come il suo uso indiscreto possa a volte ledere.

Il messaggio importante che nasconde questo film è che il più delle volte siamo imbevuti in una realtà che non è così com’è: una sorta di scenario creato dai media e dai sistemi, creato per farci sentire isolati, alienati e non in grado di contrastare quella che è la loro forza. Anche nella nostra società viene da chiederci: viviamo tutti un Truman Show? Per capire al meglio la domanda, ci vengono in soccorso gli studi della scuola di Francoforte ed è utile analizzare come questa teoria fondamentale del nostro sistema mediatico possa essere applicata al film, forse, poi, rendendoci conto anche che alcuni tratti sono presenti effettivamente anche oggi.

Questo gruppo di intellettuali di sinistra ha sottolineato diversi punti e argomenti importanti per la loro filosofia, che sono sostanzialmente spiegati nel saggio di Max Horkheimer and Theodor W. Adorno The Culture Industry: Enlightenment as Mass Deception (1947) [3]. Basavano queste teorie su quelle di Marx e si consideravano una ricerca alternativa sulla comunicazione di massa. Infatti, quello che proponevano era il termine “materialismo culturale”, secondo il quale viviamo tutti in una società in cui la cultura è determinata da forze esterne. Infatti, è proprio nella metà del XX secolo che la cultura è diventata un prodotto dell’industria, in un periodo caratterizzato dallo sviluppo della società di massa, dall’industrializzazione e dal capitalismo, e ciò che hanno elaborato con la loro teoria è che alla fine la cultura non è altro che il riflesso di un razionalismo economico e, di conseguenza, tutte le azioni del sistema si basano sull’analisi e l’anticipazione dei comportamenti dei consumatori. Come possono anticipare e comprendere i nostri bisogni? Utilizzando i media. Questo strumento è capace di sfruttare un controllo sociale grazie al quale le grandi potenze economiche possono manipolare l’individuo e fargli accettare l’ordine e lo status sociale prestabilito. Questo modo di agire è elaborato ed egoistico, poiché così facendo le persone sono obbligate a vivere in una situazione di consumo, che alla fine apre la strada a un sentimento di isolamento, privazione e alienazione. Fondamentalmente, gli stessi sentimenti che aveva Truman, che erano ovviamente causati dallo stesso tipo di società che la Scuola di Francoforte descrive nel suo saggio. Vivendo in una situazione in cui tutti sembrano accettare il proprio status, è ovvio poi che le persone non saranno realmente consapevoli dei pericoli a cui sono esposte, o se lo sono non hanno abbastanza forza per combattere questo tipo di sistema. Ciò che spaventa di più, tuttavia, è il fatto che finiamo per essere parte di questo sistema, essendone proprio spettatori, come il tipo di pubblico che era voyeur della vita di Truman.

Ecco perché si possono identificare tre personaggi fondamentali nel film: Truman che è vittima del sistema, quest’ultimo personificato da tutti i produttori del reality show, e poi c’è il pubblico. Un pubblico che è rilassato e a suo agio di fronte alla TV: conosce tutte le regole del reality, passando praticamente le giornate a guardare la vita di qualcun altro. Ma con quale scopo? Nessuno, lo stanno facendo solo perché è ciò che il sistema richiede per non sentirsi isolato dal resto delle persone, un modo di sentirsi approvato, accettato e soddisfatto nella società. È qui che torna forte il messaggio della Scuola di Francoforte. Qui abbiamo uno spettacolo, che è uno dei principali prodotti di un’industria culturale, che è il riflesso di ciò che il sistema è e di ciò che richiede a chi vuole farne parte, così da non esserne gli emarginati. Infatti, gli spettatori, per sentirsi coinvolti in qualcosa di così grande, sono disposti a passare tutto il giorno e la notte a guardare e a decidere il tipo di vita di un poveretto, pur di sentirsi parte di un qualcosa più grande e garante della funzionalità del sistema che gli è imposto.

Quelle evidenziate dalla Scuola di Francoforte sono teorie filosofiche e mediatiche forti e frutto di decenni che hanno cambiato la percezione del mondo – le guerre mondiali hanno stravolto gli assetti mondiali, agli arbori per altro della Guerra Fredda. Tuttavia, non si discostano troppo da quella che è la nostra realtà e ciò che accade quando l’utilizzo dei media è strumento per la diffusione di controllo e sfera di protezione per quel pubblico, lo stesso del Truman Show, incapace di ribellarsi al sistema per paura di un senso di alienazione. L’esempio più tipico oggi giorno lo vediamo quando la diffusione di fake news si fa così tanto preponderante da incentivare e rafforzare idee estremiste e confondere al contempo chi si sta approcciando alle conoscenze dell’argomento. Il disagio che si prova nell’isolamento, nell’alienazione e nell’anticonformismo giustifica ciò che porta all’omologazione e all’uso dei media come strumento per garantire il funzionamento del sistema e il rispetto degli status.

È più facile a quel punto, per noi stessi, camuffare i sentimenti socialmente non riconosciuti come positivi, ed assistere tutti insieme al Truman Show di qualcuno.

Autoscatto di Lucrezia Fioretti

 

[1] Epifania è un termine greco che significa  manifestazione  (ἐπιϕάνεια, «manifestazione»). Era usato in senso religioso per indicare, da parte dei Greci, l’azione di una divinità che si manifestava attraverso un segno, come una visione, un sogno, un miracolo.

[2] James Joyce introduce il concetto di epifania in Gente di Dublino. Per lo scrittore irlandese, un’epifania è un’improvvisa rivelazione spirituale, causata da un gesto, un oggetto, una situazione quotidiani, che sembrano apparentemente banali, ma che svelano qualcosa di più profondo, di più significativo e inaspettato, un’illuminazione improvvisa, quasi a rivelare qualcosa di ignoto o di mistico.

[3] M.Horkheimer, T.W. Adorno, The Culture Industry: Enlightenment as Mass Deception, Stanford University Press, 2002.

 

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