ETHICA SOCIETAS-Rivista di scienze umane e sociali
Massimiliano Mancini NOTIZIE Sociologia e Scienze Sociali

LA FAKE NEWS DEI 10 SECONDI LECITI DI PALPATA , Massimiliano Mancini

La diffusione dell’ignoranza pluralistica rende sempre più facile creare consenso e guadagni con il sensazionalismo

Massimiliano Mancini

Abstract: È bastato dire i giudici avrebbero assolto un bidello che aveva palpato una minorenne perché l’abuso sarebbe durato solo 10 secondi. Una notizia falsa come tante, eppure nessuno si è preso la briga di leggere la sentenza, nemmeno le persone colte. Così sui social si è attivato il “tribunale del popolino” che, sfruttando il crollo del senso critico a livello collettivo, porta tanti likes e visualizzazioni, quindi guadagni e successo, proprio a chi ha creato e diffonde le notizie falsa.

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I fatti accertati dal tribunale

Il giorno 12 aprile 2022, alle ore 9:40 circa, una minorenne in compagnia di un’amica saliva le scale della scuola, giunta al primo piano, mentre si stava tirando sui pantaloni che le erano scesi dalla vita, sentiva da dietro delle mani entrarle nei pantaloni, sotto gli slip, che dapprima le toccavano i glutei e poi la afferravano per le mutandine e la tiravano su sollevandola di circa 2 centimetri, il tutto durava circa cinque/dieci secondi.

La ragazza era convinta che fosse stata l’amica e non si opponeva ma appena si girava capiva che l’autore del gesto era stato il collaboratore scolastico imputato nel processo per violenza sessuale. Inizialmente lei quindi non diceva nulla e continuava a camminare per recarsi in classe, quindi il bidello la raggiungeva e le diceva “amo lo sai che io scherzavo” e, rimasto privo di risposta, si allontanava.

La minorenne raccontava l’accaduto al docente che la portava dalla vicepreside. All’ora della ricreazione, si recava al bar dove si presentava il bidello che tentava di avvicinarla per parlare e, di fronte al suo rifiuto, iniziava ad alzare la voce dicendole “tu mi rovini la vita, io non ti ho fatto niente” prendendo a testate il bancone del bar.

Al processo la ragazza affermava che il bidello dava molta confidenza anche ad altre ragazza, a una sua amica mentre giocava a pingpong in palestra l’aveva colpita con una racchettata sui glutei, a lei era solito rivolgersi chiamandola “amore” e una volta le aveva detto addirittura che “se avessi la tua età mi risarei sposato“.

Tutti questi fatti hanno trovato riscontro in altre testimonianze e anche nella versione del bidello il quale specificava solamente che, mentre la ragazza faceva il gesto di tirarsi su i pantaloni, si limitava ad assecondarla nel movimento e, prendendola da dietro attraverso i passanti dei pantaloni, glieli alzava sollevandola leggermente da terra.

L’elemento oggettivo del reato, che non è stato messo in discussione

I giudici non hanno dubitato delle testimonianze, peraltro confermate anche dallo stesso bidello, e hanno ritenuto che il palpeggiamento repentino dei glutei, zona erogena, rientri nella fattispecie delittuosa dell’art. 609 bis codice penale[1], infatti la violenza sessuale si configura sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nell’intimidazione psicologica che possa coartare la vittima a subire gli atti sessuali, sia nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini -come in questo caso- compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso (ex plurimis Cassazione penale n. 695/2004).

L’elemento soggettivo del reato che lascia dubbi sul dolo

Evidentemente per configurarsi la violenza sessuale il comportamento deve essere doloso e quindi pienamente cosciente e volontario da parte dell’autore.

Sull’elemento soggettivo i giudici non hanno dato rilievo alla mera durata del gesto, come è stato falsamente affermato per creare sensazionalismo, ma hanno fatto una valutazione complessiva del gesto sul piano psicologico, com’é doveroso fare per applicare tutte le fattispecie di reati dolosi.

Il tribunale ha valutato la repentinità dell’azione unita all’assenza di qualsiasi insistenza nel toccamento, da considerarsi quasi uno sfioramento, unitamente al luogo e al tempo della condotta, avvenuta in pieno giorno e in locale aperto al pubblico con la presenza di altre persone, le modalità del gesto, che si è concluso con il sollevamento della ragazza. Tutti questi elementi complessivamente non consentono di caffermare oltre ogni ragionevole dubbio l’intento libidinoso o di concupiscenza che è richiesto per qualificare il dolo nel caso di un atto scherzoso che non realizza un intento libidinoso.

Anche la Cassazione ha ampiamente affermato che, in tema di violenza sessuale, il gesto compiuto “ioci causa” o con finalità di irrisione è qualificabile come atto sessuale punibile ai sensi dell’art 609 bis codice penale solo quando, per le caratteristiche intrinseche dell’azione, rappresenta indiscutibilmente un’intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima.

In dubio pro reo, l’assoluzione con formula dubitativa

L’antico adagio del diritto romano che afferma di favorire sempre l’imputato in caso di dubbio si deve favorire l’imputato, è imposto anche dal nostro codice di procedura penale che all’art. 530[2] dispone, senza margini di discrezionalità, di assolvere l’imputato quando la prova del fatto manca oppure è insufficiente o contraddittoria.

In questo caso i giudici hanno avuto solamente il dubbio e non la certezza che il bidello stesse scherzando e non avesse altre intenzioni, ma i giudici devono applicare la legge senza discuterla. Per questo motivo e non per “buonismo” hanno assolto con formula dubitativa il bidello che, però, non avendo avuto un’assoluzione piena, resta passibile sia di provvedimento disciplinare e sia di azione civile per il risarcimento del danno.

Il fenomeno dell’ignoranza pluralistica e la coartazione del consenso

L’ignoranza pluralistica è un processo della psicologia sociale che coinvolge le persone quando sono all’interno di un gruppo. Ciascuno pensa che gli altri abbiano più informazioni sulla situazione e quindi di fronte a un evento ambiguo le persone osservano il comportamento altrui per cercare di interpretarlo correttamente senza considerare che anche gli altri fanno lo stesso. Quindi quanto più se ne parla di una notizia tanto più viene considerata vera entrando in un circolo vizioso che rende difficile distinguere il vero dal falso e facendosi quindi influenzare dal messaggio artatamente costruito dalla fake news.

Questo comportamento sopprime il senso critico e quindi elimina il dissenso, chi avverte dei dubbi pensa di essere l’unico a dissentire e questo rafforza la propensione a conformarsi rinunciando ad agire in base alle proprie percezioni e convinzioni e generando falso consenso coartato.

Oggi , e sempre più, anche le persone colte e i professionisti, cedono alla tentazione di giudicare i fatti senza conoscerli, basandosi esclusivamente sul sentito dire senza fare ricorso minimamente al senso critico. Questo è un comportamento molto pericoloso, poiché diffonde e alimenta le fake news prestandosi alla manipolazione politica, che serve a generare consenso, e a quella commerciale che consente di guadagnare sui click e sull’apertura delle pagine.

Giova ricordare che l’art. 661 del codice penale[3], oggi depenalizzato, punisce chi crea e alimenta le fake news, quando ne deriva un turbamento dell’ordine pubblico, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.

LA SENTENZA:
Tribunale di Roma, Sez. V penale, 6 luglio 2023


NOTE:

[1] Codice penale, art. 609-bis (Violenza sessuale) «1. Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni. 2. Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona. 3. Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.»

[2] Codice di procedura penale, art. 530 (Sentenza di assoluzione) «1. Se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non e’ previsto dalla legge come reato ovvero se il reato e’ stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo. 2. Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o e’ contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che
il reato è stato commesso da persona imputabile. 3. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi eè dubbio sull’esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1. 4. Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla legge, le misure di sicurezza.».

[3] Codice penale, art. 661 (Abuso della credulità popolare) «1. Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è soggetto, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.».


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