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Diritto Luigi De Simone NOTIZIE

SACROSANTO L’ACCESSO AGLI ATTI DA PARTE DEL CONSIGLIERE COMUNALE, Luigi De Simone

Ma a tutto c’è un limite!

Luigi De Simone

Abstract: La normativa di riferimento in materia di accesso agli atti  è oggi molto ampia e complessa, anche a seguito delle modifiche legislative succedutesi nel tempo. Tra i temi più caldi si ricorda la necessità di  contemperare la tutela del singolo cittadino con i poteri di accesso agli atti degli amministratori pubblici nell’esercizio delle proprie prerogative

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La normativa di riferimento in materia di accesso agli atti  è oggi molto ampia e complessa, anche a seguito delle modifiche legislative succedutesi nel tempo.

La norma che rappresenta un baluardo è certamente la Legge 7 agosto 1990, n. 241, nota a tutti come la legge sul procedimento amministrativo,  che al Capo V, dall’articolo 22 all’articolo 28, contiene la disciplina completa sul c.d. accesso documentale, strumento straordinario che consente a chi abbia un interesse diretto, concreto ed attuale di ottenere la visione ed estrarre copia di specifici documenti e/o atti detenuti dalla pubblica amministrazione. Da non dimenticare che anche il d. lgs. 267/200 noto anche come TUEL, dall’acronimo di “Testo unico degli enti locali”, contiene un articolo sul diritto di accesso e informazione a favore dei cittadini1.

A tale straordinario strumento di democrazia e trasparenza viene aggiunto, nel 2013, poi sostituito nel 20162, un altro strumento figlio della famosa equazione “Pubblica Amministrazione = casa di vetro”.

Infatti il Legislatore emana il D. Lgs. 33/2013, c.d. “Decreto Trasparenza”, che, come noto ha introdotto un diritto di accesso molto più ampio, mediante la previsione dell’accesso civico semplice (art. 5 c. 1)3, ovvero circoscritto ad atti, documenti e informazioni oggetto di obblighi di pubblicazione, e l’accesso civico generalizzato o FOIA, acronimo di Freedom of Information Act, (art. 5 c. 24) relativo agli altri dati e documenti detenuti dalla P.A., per i quali non c’è l‘obbligo della pubblicazione. Per esercitare tale accesso non vi è la necessità di dimostrare un interesso qualificato, l’unico onere per il cittadino è individuare e specificare l’oggetto della richiesta, comunque nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti previsti dal successivo articolo 5-bis, introdotto nel 2016, che stabilisce esclusioni e limiti all’accesso civico.

Entrando nel vivo, appare opportuno evidenziare la norma ad hoc per le prerogative di accesso del consigliere comunale. Infatti la sua posizione è tutelata dal comma 2 dell’art. 43 del TUEL, rubricato “diritto dei consiglieri”, secondo il TUEL, che recita testualmente “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificatamente determinati dalla legge”.

Fatta questa breva premessa, una recentissima sentenza del TAR Calabria5 ci consente di analizzare una copiosa giurisprudenza amministrativa sui limiti al diritto di accesso agli atti esercitato dai consiglieri comunali.

Prima di analizzare la decisione del giudice amministrativo calabrese, si riporta la giurisprudenza amministrativa più recente secondo la quale:

  • il diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali)6;
  • il diritto di accesso come concepito dal legislatore deve incontrare comunque un equilibrato rapporto in grado di garantire anche l’efficacia e l’efficienza dell’operato dell’amministrazione locale7;
  • è principio pacifico quello per cui l’accesso agli atti, ex art. 43 D. L n. 267 del 2000, da parte dei consiglieri comunali, costituisce strumento di controllo e verifica del comportamento dell’amministrazione, in funzione di tutela di interessi non individuali ma generali, ed è pertanto espressione del principio democratico dell’autonomia locale8;
  • in materia di accesso ai documenti amministrativi da parte dei consiglieri comunali, l’art. 43 D. L n. 267 del 2000, nella sua chiarezza espositiva, è ispirato alla ratio di garantire ai rappresentanti del corpo elettorale l’accesso ai documenti e alle informazioni utili all’espletamento del loro mandato (“munus publicum”) anche al fine di permettere e di valutare, con piena cognizione, la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’ amministrazione, e di esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del consiglio, onde promuovere, anche nell’ambito del consiglio stesso, le iniziative (interrogazioni, interpellanze, mozioni, ordini del giorno, deliberazioni) che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale: si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività”9;
  • il diritto di accesso del consigliere comunale è sottoposto alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali10;
  • sono da ritenere non coerenti con il mandato dei consiglieri comunali le istanze di accesso che, per il numero degli atti richiesti e per l’ampiezza della loro formulazione, si traducano in un eccessivo e minuzioso controllo dei singoli atti in possesso degli uffici, in quanto siffatte richieste si configurano come forme di controllo specifico, non già inerente alle funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo11.

Il TAR Calabria, affrontando il caso di una richiesta, evidentemente confusionaria e anomala, di un consigliere comunale di accedere alla documentazione amministrativa di una procedura concorsuale, alla quale non aveva partecipato, che da una parte motivava l’accesso qualificandosi “amministratore pubblico” ex art. 43 d. lgs 267/2000,  senza fornire, però, alcun profilo di utilità (interesse) all’esercizio del c.d. munus publicum, dall’altra fondava la domanda di esibizione degli atti sulla disciplina dell’accesso documentale (ex artt. 25 e ss. della legge sul procedimento amministrativo) e quindi agendo come cittadino con interesse qualificato, concludeva rigettando il ricorso.

Il tribunale amministrativo nel rigettare il ricorso richiamava altra giurisprudenza di secondo grado secondo la quale il diritto di accesso del consigliere comunale, ex art. 43 T.U.EE.LL., non ha un contenuto assoluto e senza limiti, ma si presenta servente (strumentale) all’esercizio del mandato ricevuto dai cittadini, nel senso di essere funzionale con l’attività (c.d. prerogative) all’interno del consiglio comunale, vista la sua potenziale pervasività e la capacità di interferenza con altri interessi primariamente tutelati12. Con questa sentenza veniva respinta la richiesta di un consigliere comunale ad avere accesso “da remoto” al protocollo informatico dell’Ente.

Questa sentenza sollecita una riflessione. È giusto soffermarsi sul fatto che il diritto di accesso, come concepito dal Legislatore, deve incontrare comunque un equilibrato rapporto in grado di garantire anche l’efficacia e l’efficienza dell’operato dell’Amministrazione locale, al fine di verificare che il suo esercizio sia in concreto efficace, sia per il consigliere sia per l’Amministrazione comunale, e non sia meramente emulativo (c.d. abuso del diritto). Spesso vi è confusione da parte di alcuni consiglieri comunali che azionano le prerogative a loro riconosciute dal T.U.EE.LL. per interessi privati. Ma gli uffici destinatari della richiesta devono prestare la massima attenzione. E’ dietro l’angolo il possibile danno erariale, in caso di decisione del giudice amministrativo che decreta l’illegittimità del diniego, derivante da un’inescusabile condotta degli uffici dilatoria ed ostruzionistica (come per esempio eccepire la mancanza del numero di protocollo dei documenti richiesti) della legittima istanza di accesso, oppure in caso di ritardo nel riscontro all’istanza di accesso dovuto ad un’inescusabile carenza di natura organizzativa opposta dagli uffici13.

Bisogna porre la stessa attenzione quando si motivi il diniego facendo riferimento genericamente alla privacy e al trattamento dei dati personali del terzo interessato in quanto, il consigliere comunale, ha diritto ad accedere in virtù del suo mandato, ma allo stesso modo, si deve attenere al precetto contenuto nell’ultimo cpv del comma 2 del già citato art. 43 T.U.EE.LL., che recita testualmente “Essi sono tenuti al segreto nei casi specificatamente determinati dalla legge”.


NOTE

  1. D. lgs. 18 agosto 2000 n. 267 “Testo unico degli enti locali” art. 10 (Diritto di accesso e di informazione) «1. Tutti gli atti dell’amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l’esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese. 2. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione. 3. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all’attività dell’amministrazione, gli enti locali assicurano l’accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni».
  2. D. lgs. 25 maggio 2016, n. 97 “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicita’ e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche“.
  3. D. lgs. 14 marzo 2013, n. 33, “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (titolo così sostituito dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 97 del 2016)”, art. 5 (accesso civico a dati e documenti) «1. L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.».
  4. D. lgs. 33/2013, art. 5 «2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis.”
  5. TAR Calabria, sez. I, sentenza n. 1120 del 7 agosto 2023.
  6. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 2189 del primo marzo 2023.
  7. TAR Lazio, sez. I, sentenza n. 49 del 3 febbraio 2023.
  8. Consiglio di Stato, sez.V, sentenza n. 8667 del 10 febbraio 2022.
  9. TAR Campania, sez. I, sentenza n. 1288 del 18 maggio 2022.
  10. Consiglio di Stato, sez. V, n. 2089 del 11 marzo 2021.
  11. TAR Veneto, sez. I, sentenza n. 393 del 29 aprile 2020.
  12. Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 769 del 3 febbraio 2022.
  13. Corte dei Conti, sez. giur. Campania, sentenza n. 1352 del 27 febbraio 2023.

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