Dalla pandemia al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
[Ethica Societas anno 1 n.1]
LA RESILIENZA E LA CRISI
Le crisi economiche e politiche sono una costante della storia umana, le crisi infatti sono il cambiamento che migliora costantemente la società umana.
Già anni fa, durante le precedenti crisi economiche e politiche, perché spesso i due aspetti non sono disgiunti in quanto il cambiamento avviene quando una fase congiunturale e sociale ha esaurito la sua funzione, la resilienza è stata individuata come la soluzione alle crisi.
“Ridurre la vulnerabilità e costruire la resilienza”, con questi due concetti si è aperto e s’intitolava il Rapporto sulla Sviluppo Umano 2014 del Development Programme delle Nazioni Unite (UNPD 2014), concetti ritenuti fondamentali per il Progresso.
La resilienza peraltro è stata inclusa nel motto del Dipartimento dello Sviluppo delle Nazioni Unite: “Empowered lives. Resilient Nations.” [Vite Potenziate. Nazioni Resilienti].
Ma cosa significa davvero resilienza, un termine tanto abusato in tanti contesti?
La resilienza ha diversi significati secondo il contesto e, con il passare del tempo ne assume di nuovi, spaziando da situazioni individuali ad ambienti e scenari sempre più ampi, ad esempio nell’ambito degli studi sullo sviluppo umano questo termine è inteso come la capacità di ripresa di uno stato rispetto le situazioni di crisi.
Al World Economic Forum di Davos del 2013 il presidente americano Barack Obama, nel discorso dell’inaugurazione, affermava: «nell’uscire dalla grande crisi abbiamo dimostrato la nostra resilienza» (Quotidiano La Repubblica del 23/01/2013), dunque la nuova parola d’ordine del forum di quell’anno è stata “dinamismo resiliente”, e questa visione ha rivelato ben presto i suoi effetti benefici nei paesi che l’hanno.
Oggi ci sembra che si stiano vivendo tempi di grandi sconvolgimenti però basterebbe guardare al passato, anche recente, per scoprire che invece ci sono state crisi molto più grandi e molto più estese.
Il Covid-19, pare essere sia un flagello biblico, eppure forse dovremmo considerare i numeri e gli effetti sulla popolazione mondiale confrontandoli con le pandemie cicliche che si presentano in ogni epoca.
Alla data del 5 dicembre 2021, i numeri del virus SARS-CoV-2 dalla sua comparsa sono questi:
Popolazione mondiale: 7.911.353.187.
Morti dell’anno: 7.911.353.187.
Totale infettati da Covid-19: 265.609.953,
pari al 3,36% della popolazione mondiale.
Morti totali per Covid-19: 5.251.931,
pari allo 0,07% della popolazione mondiale,
pari al 9,62% delle morti totali nel mondo.
Morti per malattie cardiovascolari (2019): 17,9M,
pari al 33% delle morti totali nel mondo.
Morti per Tumore (2020): 10 M,
pari al 18,32% delle morti totali nel mondo.
Le pandemie sono un evento naturale e quella del Covid-19 non è certamente tra le più gravi, basterebbe, senza andare molto lontano, paragonarla a quella dell’influenza spagnola del 1918/1920 che, secondo le stime dell’epoca, causò circa 50 milioni di morti.
L’influenza spagnola, nello stesso tempo della pandemia odierna, uccise 10 volte tanto, il dato è ancor più impressionante se si considera che la popolazione mondiale nel 1920 era di 1,86M cioé meno di un quarto di quella odierna.
SOCIETA’, ECONOMIA E RESILIENZA
Fino a qualche tempo fa, si era soliti parlare in Europa del concetto di resilienza in un ambito sostanzialmente psicologico, applicando questo concetto agli adulti e ai bambini che reagissero a traumi o a situazioni negative e pericolose.
Questo termine era sostanzialmente confinato nell’alveo della fisica e della psicologia, ha cominciato poi ad assumere un significato sempre più polisemico, e oggi il termine resilienza sembra proprio la metafora giusta per identificare quei tempi e quei modi di reazione, necessari per superare gli stress economici, sociali e ambientali in atto.
Attualmente lo studio della resilienza ha spostato l’attenzione dall’individuo alla famiglia sino alla società nella sua globalità, evidenziando come nelle stesse, esposte a eventi avversi, si possa riscontrare un’effettiva capacità delle comunità di reagire efficacemente alle crisi, in presenza di elementi positivi a livello psicologico e sociologico.
Contrariamente all’immagine spesso sostenuta dai mass-media delle comunità oppresse, disagiate o colpite da disastri, come incapaci e dipendenti da aiuti esterni, si è invece rilevato che esse in realtà sono competenti e capaci di catalizzare tutte le risorse necessarie nell’affrontare le sfide (Bravo et al.1990; Tobin 1999; Van den Eyde, Veno 1999).
ECONOMIA E RESILIENZA
Sul piano economico e sociologico, la resilienza è una risorsa che consente alle popolazioni che sanno rimbalzare e reagire positivamente alle crisi, alle minacce, ai pericoli di uscirne più velocemente delle altre e di ritrovarsene rinforzate e più competitive.
Questa crisi pandemica non ha colpito solamente il senso individuale di sicurezza, creando una sorta di ansia collettiva, ma anche il concetto stesso di sicurezza e di scienza, così sono sorte comunità composte anche da sanitari che non solo mettono in dubbio la scienza ufficiale, come se il metodo scientifico fosse una libera opinione, ma propongono addirittura cure c.d. “alternative” basate sulla superstizione o sulla ciarlataneria.
La paura ha depresso gli individui singolarmente e ha guidato spesso anche l’azione dei governi e delle comunità, influenzando la politica e l’economia.
C’è un intimo legame tra la resilienza sociale e la resilienza economica (Adger 2000), le crisi quindi non hanno una mera valenza economica, ma sono collegate e alimentano a loro volta una crisi sociale.
La comprensione delle dinamiche adattative ed evolutive, individuali e collettive, di fronte ai continui cambiamenti è oggetto di ricerca da parte non solo degli stati nazionali ma anche di organismi internazionali.
Per l’Onu lo sviluppo di comunità resilienti è dal 2005 un elemento fondante del Programma di azione per la riduzione del rischio di calamità (Unisdr) e da allora il termine “disaster resilience”, è divenuto sempre più comune nei quadri d’intervento umanitario dei paesi anglosassoni, indicando i processi di costruzione della resilienza volti a ridurre gli effetti di eventi catastrofici come crisi socio-economiche, conflitti etnici, inondazioni, epidemie o terrorismo.
IL PNNR
La resilienza economica è il termine più ricorrente e più diffuso, evocato a livello internazionale, dalle convention ambientaliste e dall’imprenditoria sociale e cooperativa, come via per resistere alle crisi e, insieme, per reinventarsi.
D’altronde il più grande flusso di denaro che si sta investendo in Europa, dal dopoguerra ad oggi, soprattutto in Italia, non a caso, è il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #nextgenerationitalia (acronimo PNRR) il piano preparato dall’Italia per rilanciarne l’economia dopo la pandemia di COVID-19, puntando strategicamente sugli elementi cardini dello sviluppo verde e digitale del Paese.
Il governo italiano ha presentato il proprio piano alla Commissione europea il 30 aprile 2021, contemporaneamente ai progetti analoghi sottoposti dai governi di Austria, Belgio e Slovenia.
Il PNRR fa parte del programma dell’Unione europea noto come Next Generation EU, un fondo da 750 miliardi di euro per la ripresa europea (per questo noto in inglese come Recovery Fund, cioè Fondo per la ripresa).
All’Italia sono stati assegnati 191,5 miliardi dei quali 70 in sovvenzioni a fondo perduto e 121 in prestiti.
Il governo Draghi ha integrato il PNRR con un Piano nazionale per gli investimenti complementari, che ha stanziato risorse aggiuntive pari a 30,6 miliardi di euro per progetti rimasti esclusi dal PNRR; il totale degli investimenti previsti è quindi di 222,1 miliardi di euro, una somma enorme e un’opportunità straordinaria dopo una crisi non ancora finita.
È previsto che la maggior parte dei fondi del Next Generation EU sia erogato entro il 2025 e tutti dovranno essere utilizzati entro il 31 dicembre 2026, che quindi può essere considerata la data di completamento del PNRR.
UNA RIVOLUZIONE EPOCALE
L’Italia è stata sempre molto conservatrice, troppo, soprattutto sul campo economico e finanziario, d’altronde i migliori Italiani si sono affermati e sono stati celebrati all’estero e le migliori aziende italiane sono state acquistate da capitali stranieri.
Sperare che tutto rimanga come prima, illudersi che dopo tanto clamore si ritorni sempre al solito sistema “all’italiana”, continuare a sperare nel clientelarismo o nell’aiuto di Stato a pioggia, opporsi alla concorrenza, anche quando è oramai una scelta conlcamata di tutta l’Europa, come nel caso della Direttiva Bolkestein.
Eliminare l’eccesso di burocrazia e soprattutto evitare le discriminazioni basate sulla nazionalità o per coloro che intendono stabilirsi in un altro paese europeo per prestare dei servizi, incrementare la vera concorrenza è la via verso la vera resilienza e la crescita economica globale.
Alzare i muri è una reazione di paura, chiudere i mercati una scelta fallimentare, tutto questo la storia l’ha insegnato ripetutamente, eppure si continua con ma demagogia del sovranismo europeo, un ossimoro, perché o si è nazionalisti o si è europeisti, o si è per i mercati chiusi o per il mercato globale, o ci si OPPONE al cambiamento, restandone inevitabilmente travolti, oppure si REAGISCE RESILIENTEMENTE, e questa è, da sempre, la chiave del successo.
Il senso sintetico della resilienza possiamo riprenderlo dal sottotitolo dal documento che il Dipartimento per lo Sviluppo delle Nazioni Unite aveva delineato già vent’anni fa, nel 2002: “Dalla crisi all’opportunità, dalla vulnerabilità comunitaria alla resilienza comunitaria” (UNPD 2002), ecco la resilienza è proprio questo, il comportamento che, come per magia, porta un cambiamento epistemologico, trasformando il trauma e la vulnerabilità, in rinascita e opportunità.
Del resto, dopo qualsiasi trauma, è naturale per ogni essere vivente modificare la propria struttura mentale o sociale, per continuare a vivere, e l’attuale crisi sistemica, che ha colpito, in tempi e modi differenti, l’intera economia mondiale sarà per sempre un tratto distintivo e caratterizzante del XXI secolo.
Sempre più diffusamente si sta comprendendo che di fronte le crisi si deve reagire così come nei confronti della minaccia primaria alla propria vita, ossia combattere o fuggire.
Le crisi, di qualsiasi natura, inclusa l’attuale crisi economica, non possono finire da sole, ma l’esito dipende dal comportamento, individuale e collettivo, ossia da azioni concrete.
Non si può avere un comportamento attendista, tutte le previsioni temporali sulla durata sono destinate a essere sconfessate se si assume un atteggia- mento di passiva rassegnazione, la crisi si può battere cambiando il nostro comportamento, reagendo positivamente ai fattori e agli ambienti sfavorevoli, ossia essendo resilienti.
UNA RIVOLUZIONE INEVITABILE
L’erogazione dei fondi europei è strettamente condizionata dall’attuazione di una serie di riforme da parte degli Stati membri.
Il PNRR annovera tre priorità trasversali condiviso a livello europeo:
digitalizzazione e innovazione;
transizione ecologica;
inclusione sociale.
Si sviluppa lungo 16 Componenti, raggruppate in sei missioni:
Missione 1 – Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo, si articola in tre distinte linee d’azione, ognuna interessata a sua volta da diverse aree di investimento:
Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pubblica Amministrazione.
Digitalizzazione, innovazione e capacità di comunicazione del sistema di produzione;
Turismo e cultura
Le risorse complessive per questo scopo sono €. 46,3 mld.
Missione 2 – Rivoluzione verde e transizione ecologica, si occupa di arrestare i cambiamenti climatici in corso accelerando importanti trasformazioni dell’ecosistema verso una radicale transizione ecologica per conseguire la neutralità climatica e lo sviluppo ambientale sostenibile, si articola in:
Economia circolare e agricoltura sostenibile.
Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile.
Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici.
Tutela del territorio e della risorsa idrica.
Le risorse complessive per questo scopo sono €. 46,3 mld.
Missione 3 – Infrastrutture per una mobilità sostenibile, ha l’obiettivo è investire in mobilità di nuova generazione, la digitalizzazione della rete di trasporti, la realizzazione di reti di trasporto ferroviario regionale, specialmente nel mezzogiorno si articola in:
Investimenti sulla rete ferroviaria.
Intermodalità e logistica integrata.
Le risorse complessive per questo scopo sono €. 25,4 mld.
Missione 4 – Istruzione e ricerca, si articola in:
Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università.
Dalla ricerca all’impresa.
Le risorse complessive per questo scopo sono €. 11,44 mld.
Missione 5 – Inclusione e coesione.
Le risorse complessive per questo scopo sono €. 19,81 mld.
Missione 6 – Salute.
Le risorse complessive per questo scopo sono €. 15,63 mld.
Il cambiamento richiede il coraggio di iniziare e la costanza di proseguire nelle fasi iniziali ma poi si autoalimenta e diventa un processo inarrestabile.
BIBLIOGRAFIA
- Bravo et al.1990. Bravo, M., M.Rubio-Stipec., G.J. Canino, M.A. Woodbury, e Ribera J.C. 1990. “The psychological sequelae of disaster stress prospectively and retrospecti- vely evaluated. In -American Journal Community Psychology, 18(5): 661-80.
- Tobin 1999. Tobin, G. A. 1999.” Sustainability and community resilience: the holy grail of hazards planning”. In Environmental Hazards, 1, 13-26.
- UNDP 2002. South East Asia HIV and Development Programme 2002. Com- munities facing the HIV/AIDS Challenge: from Crisis to Opportunity, from Com- munity Vulnerability to Community Resilience. New York: United Nations Deve- lopment Programme (UNDP).
- Van den Eyde, Veno 1999. Van den Eyde, J., A.Veno. 1999.” Coping with disastrous events: an empower- ment model of community healing”. In R.Gist, & B. Lubin (Eds), Response to Disaster. -Psychosocial, community and ecological approaches: 167-192. Phila- delphia: Taylor & Francis.