ETHICA SOCIETAS-Rivista di scienze umane e sociali

Nel panorama della musica italiana, “Un chimico”, tratto dall’album “Non al denaro, non all’amore né al cielo”di Fabrizio De André, rappresenta uno dei momenti più intensi e riflessivi. Un brano che esplora il dilemma tra scienza e sentimento, razionalità e relazioni umane, attraverso la storia di un uomo che dedica la propria esistenza al sapere scientifico ma resta prigioniero di una profonda solitudine.

Francesco Mancini

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La storia del chimico

Fabrizio De André si ispira a Edgar Lee Masters e alla sua Antologia di Spoon River. Il “chimico” trova il suo parallelo nel “farmacista” dell’opera di Masters: entrambi uomini di scienza, a proprio agio nel lavorare con formule ed elementi, perché semplicemente possono prevedere la reazione una volta che scelgono di combinarli, ma non possono sapere cosa accadrà quando le vite di due esseri umani si intersecano. Rimangono impotenti nel comprendere le incognite dell’animo umano.

Il protagonista del brano è un uomo che ha dedicato la sua vita alla scienza, alla chimica, studiando quelle regole che “hanno potuto sposare idrogeno e ossigeno senza farli scoppiare”, e per questo tenta di dare una spiegazione razionale per le emozioni umane. Osserva il mondo con distacco, riducendo l’amore, la felicità e il dolore a semplici reazioni chimiche. Un approccio che lo isola emotivamente dagli altri, rendendolo incapace di vivere quelle passioni che invece animano la vita di chi lo circonda.

Il farmacista rassegnato e il chimico tormentato

Nonostante le affinità tra i due personaggi, De André aggiunge al suo chimico un elemento di tormento esistenziale che manca nel farmacista di Masters. Quest’ultimo, pur accettando la propria condizione con una sorta di rassegnazione, appare meno consapevole del vuoto lasciato dall’assenza di relazioni umane. Al contrario, il chimico di De André soffre intensamente la mancanza dell’amore e della vita vissuta pienamente. Lo dimostrano alcune frasi emblematiche della canzone:

 

“Guardate il sorriso guardate il colore
Come giocan sul viso di chi cerca l’amore”

Una celebrazione dell’amore come forza vitale e trasformativa. È un invito a vivere pienamente, a cercare il contatto con gli altri e a lasciarsi attraversare dalle emozioni, per quanto imprevedibili e dolorose possano essere. Il chimico, incapace di abbandonarsi ai sentimenti, si trova in una posizione opposta rispetto a chi cerca l’amore. Lui analizza e interpreta, ma non vive. I sorrisi e i colori che vede sugli altri diventano per lui oggetti di studio, non esperienze condivise. Questo lo relega a un ruolo di spettatore della vita, mai davvero protagonista. Il contrasto diventa ancora più doloroso quando si capisce che il chimico invidia questa vitalità negli altri, ma non riesce a superare le barriere che si è autoimposto.

 

Primavera non bussa, lei entra sicura
Come il fumo lei penetra in ogni fessura
Ha le labbra di carne, i capelli di grano
Che paura, che voglia che ti prenda per mano
Che paura, che voglia che ti porti lontano”

Un mix tra rimandi classici di virgiliana memoria e un’immagine che ricorda la Primavera dipinta da Botticelli. Una metafora che riflette sull’impossibilità di sottrarsi alle emozioni e al ciclo naturale della vita. La primavera è la vita stessa che si riafferma, invadente e travolgente, mentre il chimico, nonostante la sua razionalità, non riesce a ignorarla del tutto. Versi, semplici ma potenti, che rappresentano il tormento del chimico: un uomo che cerca di controllare ogni aspetto della sua esistenza, ma che non può impedire alla vita, con tutto il suo caos emotivo, di farsi strada. La primavera, come il fumo, penetra ovunque, ricordandogli ciò che manca nella sua esistenza: l’amore, la gioia e, inevitabilmente, la vulnerabilità.

 

Il chimico tuttavia non si pente di questa neutralità emotiva, anzi la difende. Per lui, il distacco dalle emozioni è una forma di protezione contro le sofferenze e le illusioni che gli altri chiamano amore e felicità. Una scelta che lo condanna a una profonda solitudine. La razionalità estrema che lo guida è un muro invalicabile.

La dicotomia tra scienza e sentimento

De André esplora in modo sottile e poetico il conflitto tra ragione e sentimento. Il chimico incarna l’ideale di chi cerca risposte oggettive e certezza in un mondo caotico e imprevedibile. Tuttavia, questa ricerca di controllo razionale ha un costo elevato: la perdita della spontaneità, della gioia e persino del dolore che rendono autentica l’esperienza umana.

L’idea che le emozioni possano essere spiegate chimicamente è una riflessione sorprendentemente moderna, considerando i progressi della neurobiologia e della psicologia. Tuttavia, il brano mette in guardia dal rischio di ridurre la complessità dell’essere umano a meri processi scientifici, dimenticando l’importanza del vivere e sentire.

L’isolamento come prezzo della neutralità

Un tema centrale del brano è l’isolamento del protagonista. Nella sua neutralità emotiva, il chimico guarda gli altri come curiosità da analizzare, ma non riesce a condividerne i sentimenti. Questo lo rende un estraneo, tanto agli altri quanto a se stesso.

L’isolamento non è solo fisico, ma anche spirituale. La ricerca della conoscenza razionale diventa un rifugio, ma anche una prigione. Il chimico non si concede mai la vulnerabilità necessaria per amare o soffrire, preferendo un’esistenza “neutra” che lo lascia, però, incompleto.

Quale umanità? Quale modo di vivere?

Un chimico non è solo una canzone, ma una parabola che invita a riflettere su cosa significhi essere umani. Fabrizio De André ci pone davanti a una scelta: è meglio vivere per il “progresso scientifico”, inteso come una maniera completamente razionale di vivere la propria vita, sacrificando l’amore, o abbracciare l’incertezza delle emozioni per vivere appieno?

Attraverso il personaggio del chimico, abbiamo una critica al rischio di disumanizzare la conoscenza. La scienza, pur essendo uno strumento straordinario per comprendere il mondo, non può rispondere a tutte le domande dell’esistenza. Ci sono aspetti della vita – come l’amore, il dolore e la gioia – che non possono essere quantificati o spiegati del tutto.

Il brano si chiude con una domanda provocatoria: “Cosa c’è di diverso dal vostro morire?”. Questa frase sottolinea un altro tema centrale dell’album: l’invidia come motore della vita e delle relazioni. Il chimico, pur disprezzando gli altri per la loro “dipendenza” dalle emozioni, invidia la loro capacità di vivere appieno.

Questo dualismo diventa il fulcro della narrazione: da un lato la scienza come forma di controllo e protezione, dall’altro l’amore come vulnerabilità necessaria alla realizzazione personale. Una domanda che ci accompagna e ci spinge a trovare, ciascuno a modo suo, il senso del nostro cammino.

Il chimico, nella sua apparente superiorità intellettuale, diventa un simbolo di chi rinuncia a vivere per paura di soffrire. La sua storia ci ricorda che, per quanto dolorose possano essere, le emozioni sono ciò che dà significato alla nostra esistenza. Una lezione che vale ancora oggi, in un mondo sempre più dominato dalla razionalità e dalla tecnologia.


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