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INFOCRAZIA, DISINFORMAZIONE E GUERRA IBRIDA, Silvestro Marascio

La disinformazione e le ideologie viaggiano sui canali dei social network e sui loro gruppi

Silvestro Marascio

Abstract: I rischi di una informazione fuori controllo e di una utenza senza filtri critici rendono i social, dopo la crisi dell’editoria della carta stampata e dei news media tradizionali, tra l’ostracsmo dell’algoritmo e i sistemi di messagistica anonimi come telegram.

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PREMESSA

La comunicazione è parte essenziale della politica e, parimenti, è un’arma di potenziale “distrazione di massa”, non è un caso come la disinformazione sia stata una delle buzzwords [=”parole che ronzano”, ossia che sono suate da tutti, di moda n.d.r.] degli anni della pandemia ma anche fonte di conflittualità ibrida: si pensi alle ingerenze russe sull’uditorio italiano.

Un primo passo in avanti (forse, ndr.) sul tema potrebbe venire da Instagram. Nella prima settimana di febbraio 2024, infatti, Adam Mosseri ha annunciato che Meta limiterà i contenuti politici sulla piattaforma.

Mosseri, già dirigente Facebook ora alla guida di Instagram, società afferente il gruppo Meta. Annuncio appreso dal profilo Threads dello stesso: https://threads.net/@mosseri/post/C3ljTzGvk6_ (visionato il 10.02.2024).

Ovviamente, se l’utente ha scelto di seguire un certo account continuerà ad apprezzarne i contenuti nel “feed”, oppure in “explore”, nello scroll, tra i reels, Rimangono sul tavolo dubbi sul cosa possa avere un contenuto politico al punto da essere colpito dall’ostracismo dell’algoritmo. Quanto possa, per esempio, un video proveniente da Gaza, essere considerato “politico” e non, invece, un contenuto di denuncia?

Di particolare interesse sono quindi le applicazioni Osint ai social media.

Quanto qui accennato non è di poco conto, specie riferendosi a tematiche quali l’ordine e la sicurezza pubblica, dove è necessaria una costante attività di prevenzione, specie sui nuovi canali comunicativi, incontrando fenomeni dai contorni molto sfumati. Si pensi, tra gli altri, all’incapacità – sempre più presente – per gli utenti di riconoscere una fake news e, di contro, per l’operatore di polizia è sempre più frequente il condurre un’indagine interamente online ovvero, ricercare riscontri a cavallo dei “mondi virtuale e reale”. Nel mentre, il futuro sulla veridicità dei contenuti multimediali è sempre più sfumato.

Le tecnologia come IA e deep fake hanno sicuramente contribuito a complicare il contesto, arrivando a minare la fiducia collettiva e anche sollevando preoccupazioni avvertite dal mondo della stampa, ma non solo anche della politica. Intanto è del 01.05.2024 la notizia che l’Ucraina si sia dotata di un avatar digitale, generata da IA, “Victoria Shi”, per commentare informazioni consolari dirette ai media.

I SOCIAL DUAL USE

Gli scenari di minaccia sono mutati in funzione della maggiore complessità cui viene a ritrovarsi la società contemporanea. Ogni strumento digitale può quindi assumere sfumature del tipo dual use: i social network, anche per i motivi fin qui tratteggiati, non sono da meno.

I social sono naturali strumenti di aggregazione e di condivisione, talvolta anche settoriali, si pensi a Linkedin, tipicamente utilizzato per la ricerca di posizione lavorative. La piattaforma consenta di creare gruppi, esattamente come Meta, dove gli argomenti affrontati possono essere i più disparati, quindi non necessariamente correlate all’indice. Anche in questo caso, al pari di Meta, l’utente ha la possibilità di condividere, senza particolari limitazioni se non quelli della netiquette, al buon senso comune, qualunque tema o argomento, suscitando l’interazione della community.

Instagram nel tempo, ha modificato alcune delle proprie impostazioni. Tali integrazioni hanno permesso di “svecchiare” il proprio impianto avvicinandolo alle funzionalità offerte da Meta e Youtube, per esempio con l’inserimento delle “stories” (brevissime clip o immagini), che su altre piattaforme possono essere definite come “reels” oppure “stati”. La rincorsa a nuove funzioni ha di fatto “appiattito” la reale differenza esistente tra le singole piattaforme.

Facebook era la soluzione digitale ideale per ritrovarsi tra amici distanti, Twitter permetteva la condivisione di pensieri estemporanei, Instagram poteva rappresentare, a differenza di Flickr, un portfolio quasi professionalizzante, l’ideale trasposizione di un diario fotografico.

Ulteriore annotazione: con l’espansione dei servizi di messagistica, la graduale miniaturizzazione dei device e il lancio di offerte flat, tutto oramai è fruibile tramite app, quindi anche le differenze tra social e servizi di messagistica si sono realmente azzerate.

LE POTENZIALITÀ E I RISCHI DI TELEGRAM

Telegram è uno dei servizi di messagistica istantanea appena richiamati. Il servizio offerto (al pari di WhatsApp) è fruibile sia attraverso app che servizio web (multipiattaforma). I servizi: scambiare messaggi di testo tra utenti e gruppi, realizzare chiamate vocali (cifrate), scambiare messaggi vocali e videomessaggi, condividere video e varie tipologie di file, utilizzare reaction e inviare sticker. Se WhatsApp è legato al numero di telefono dell’utente e quindi alla sua rubrica, Telegram ha una connotazione ibrida ma più prossima al mondo social, anche perché l’ideatore è il creatore di VKontacte, un social network analogo a Facebook.

Telegram permette all’utente di eseguire ricerche per trovare canali, gruppi e utenti, il tutto senza avere contezza del numero di telefono, andando alla ricerca del nickname con cui quell’utente si presente sulla rete. Se i gruppi sono monotematici, e quindi è possibile, per l’utente, essere invitato a farne parte oppure di richiedere l’iscrizione, il canale è un mezzo di comunicazione monodirezionale, dal proprietario verso tutti. Quest’ultima realtà è diventata propria anche di WhatsApp solo recentemente, sul finire del 2023: si accede dall’etichetta “aggiornamenti” da dove è anche possibile apprendere i “nuovi stati” dei contatti della propria rubrica.

Al pari di altre realtà social, Telegram ha visto, nel corso degli anni, un sostanziale incremento dei propri servizi verso attività illecite, spaziando dalla violazione del diritto di autore, alla vendita di documenti contraffatti, continuando con gli stupefacenti e arrivando alla disseminazione di notizie artefatte.

Circa quest’ultimo punto, è interessante rilevare come particolare eco mediatico abbia avuto la pandemia, come già accennato in precedenza, dove gli elementi che venivano a combinarsi erano molteplici.

L’AMPLIFICAZIONE DELLA POLITICA, DELLE IDEOLOGIE E DELLA DISINFORMAZIONE SUI SOCIAL

Da un lato bisogna considera la crisi che ha investito l’editoria. Il giornale tradizionale affronta costi di produzione intrinseci, a fronte anche della chiusura delle sue naturali rimesse: le edicole. Certamente la maggior parte dei quotidiani ha provveduto ad affiancare una versione digitale a quella cartacea, definendo la profilazione dell’utente in funzione dei contenuti a pagamento e delle notizie di libero consumo. L’editoria oggi paga lo scotto di pregiudizi a doppia lama come quella afferente alla libertà dell’informazione che però, con altra accezione, vorrebbe la fruizione di format gratuiti, senza considerare la filiera necessaria per far divenire la notizia un’informazione fungibile.

Accanto a questo aspetto vi è l’asserita politicizzazione dei canali mainstream, di conseguenza l’editore essendo legato a una cordata politica o industriale, viene considerato come il megafono di “poteri forti”, sicché appare necessaria la ricerca di nuove fonti informative, alternative ai comuni canali.

Conseguenza di quanto descritto è l’approdo sui social della polarizzazione, tipica dei discorsi pubblici, di tutta una serie di informazioni, qui non verificate, che possono essere attinte da gruppi, canali e quindi disseminate verso un uditorio realmente interessato.

Stante quanto qui descritto, l’infodemia in epoca pandemica ha comportato la creazione di canali, principalmente su Telegram, dove era possibile acquistare certificati falsi riproducenti il green pass, vi era la possibilità di entrare in contatto con chi aveva già avuto il Covid, per poter così facilitare la propria infezione e quindi “aggirare” l’obbligo vaccinale. Non mancavano community dove il dissenso, verso le restrizione alla mobilità imposta dall’esecutivo pro-tempore, comportasse tafferugli organizzati, nel contesto di manifestazioni, e vandalizzazioni di varia natura.

L’attenzione ricade su Telegram in funzione del suo essere estremamente user friendly, in aggiunta alla crittografia end-to-end e alla possibilità di inviare file di qualsiasi tipo, in modo apparentemente anonimo, eppure, in realtà ogni utente/elemento presente sulla rete è sempre tracciato da un Item ID o User ID: ecco perché risulta fondamentale l’attività di Osint.


BIBLIOGRAFIA

Byung-Chul Han, Infocrazia, le nostre vite manipolate dalla rete, Enaudi, 2023;

Iezzi Pierluig, Cyber e Potere, Mondadori, 2023;

Valerio Chiara, La tencologia è religione, Einaudi, 2023.


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