Configurabile la forma più grave non solo quando i trasgressori sono gli utenti della strada

Abstract: La Corte di Cassazione, con una recente pronuncia, ha evidenziato, inconsapevolmente, gli orientamenti contrastanti sul tema della imputabilità del reato di omicidio stradale in capo al soggetto non utente della strada, ma obbligato al rispetto delle norme sulla sicurezza stradale.
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Con una complessa sentenza la Corte di Cassazione1 ha chiarito che il soggetto attivo del delitto di omicidio stradale può non essere individuato esclusivamente nell’utente della strada. La S.C. è intervenuta dopo una sentenza di primo grado del settembre 2021 e di secondo grado della Corte di Appello di Milano del 15 aprile 2024, che già aveva parzialmente riformato, o, per meglio dire, stravolto la prima sentenza.
Ma veniamo ai fatti per capire cosa è successo nei vari gradi di giudizio, relativi al crollo di un ponte, sotto il peso di un trasporto eccezionale di quasi 108 tonnellate (!), che ha causato un decesso e diversi feriti.
Alle ore 13.30 del 28.10.2016, alcuni automobilisti di passaggio segnalavano la caduta d calcinacci da un cavalcavia. Sul posto sopraggiungevano agenti della Polizia, operatori della Provincia, Ente proprietario della strada provinciale sovrastante, e operatori dell’Anas, competenti in relazione alla strada statale sottostante. Il cantoniere dell’Anas disponeva la chiusura della corsia di destra e contattava i suoi superiori. Intervenivano anche gli operatori della Provincia per verificare la situazione della strada provinciale e per adottare a loro volta provvedimenti. In particolare l’operatore della Provincia allertava il dirigente, anche perché già esisteva una vecchia diatriba sulla competenza giuridico-amministrativa, tra Anas e Provincia che in una precedente occasione si era assunta la responsabilità di intervenire sull’asfalto sulla stessa strada, mentre Anas si era occupata della struttura.
Oltre ai calcinacci, gli intervenuti notavano che sulla strada provinciale vi era un pregresso avvallamento del manto stradale. Per chiudere la strada il Funzionario della Provincia chiedeva che si formulasse una richiesta scritta e allertava il dirigente, che intanto si stava portando sul posto. Nel frattempo i cantonieri, in attesa di ricevere un ordine di chiusura da parte del dirigente, posizionavano a bordo strada dei cartelli recanti la dicitura “Lavori in corso, 30 all’ora, pericolo”. Alle ore 17.20 circa, dopo circa quattro ore dalla prima segnalazione, il ponte crollava sotto il peso di un veicolo pesante di oltre 107 tonnellate, autorizzato come trasporto eccezionale dalla Provincia. Nella caso di specie il mezzo pesante, benchè autorizzato al transito eccezionale, viaggiava in violazione dei limiti di massa previsti dall’art. 61 C.d.S.2, non ottemperava all’obbligo di scorta tecnica, visto l’obbligo di una velocità inferiore a 40 km/h, in virtù dell’ articolo 16 del Regolamento di attuazione del C.d.S.3.
Il Tribunale di primo grado, dopo cinque anni, in data 6.9.2021, condannava i due dipendenti della Provincia e un dipendente dell’ANAS, per omicidio stradale, ex articolo 589-bis c.p.4, e per lesioni stradali gravi o gravissime, ex articolo 590-bis c.p.5, modificando le originarie contestazioni del PM consistenti nell’omicidio colposo, ex articolo 589 c.p.6, e lesioni colpose, ex articolo 590 c.p.7, in quanto riteneva sussistente la violazione di specifiche prescrizioni del Codice della strada sulla gestione e manutenzione delle strade. Inoltre riconosceva il concorso con i reati di cui agli articoli 4348 e 4499 c.p.
La Corte di Appello, stravolgendo il primo grado, dichiarava responsabili dei reati di cui all’art. 589 c.p. e degli articoli 434 e 449 c.p., per la mancata chiusura della strada, i due dipendenti della Provincia, condannandoli, rispettivamente, a 16 mesi e 20 mesi di reclusione, escludendo comunque l’applicazione delle ben più gravi ipotesi di reati stradali, contestati dal Tribunale di primo grado, con pene molto più basse di quelle già irrogate. Il Giudice di secondo grado, infatti, non ha aderito alla riqualificazione operata dal giudice di primo grado, in quanto troppo generico il riferimento per fondare l’aggravante della “violazione di norme sulla disciplina della circolazione stradale” ai sensi dell’art. 589-bis c.p.
La Corte di Appello annullava, inoltre, la condanna del dipendente ANAS, in quanto non ritenuto formalmente titolare di una posizione di garanzia in relazione a quel cavalcavia, e la condanna per lesioni colpose per il venir meno della querela, essendo delitto perseguibile a querela di parte, diversamente dalle lesioni stradali, all’epoca dei fatti perseguibili di ufficio, ancorché oggi, dopo la c.d. Riforma Cartabia, siano anch’esse perseguibili solo a querela di parte.
I due condannati proponevano ricorso per Cassazione, che non solo confermava la condanna, ma la stessa veniva irrogata non per omicidio colposo, bensì per omicidio stradale, ritenendo che in tema di responsabilità per omicidio colposo da sinistro stradale, la circostanza aggravante della violazione della normativa sulla circolazione stradale è ravvisabile non solo quando la violazione della normativa di riferimento sia commessa da utenti della strada alla guida di veicoli, ma anche nel caso di violazione di qualsiasi norma che preveda a carico di un soggetto, in questi caso i due dipendenti della Provincia, proprietaria della strada, pur non impegnato in concreto nella fase della circolazione, un obbligo di garanzia finalizzato alla tutela della sicurezza degli utenti della strada.
La S.C., a supporto della sua tesi, citava una sentenza del 202110, nella quale si configurava l’ipotesi di omicidio stradale, ex articolo 589-bis c.p., a carico del responsabile dell’ufficio tecnico comunale e dell’ esecutore materiale, per aver realizzato un dissuasore di velocità non conforme alle previsioni dell’art. 179, comma 9, del regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada11, riferito all’articolo 42 CdS12, in quanto non adeguatamente segnalato e di profilo errato, cagionando la caduta in terra di un motociclista che, non avvedutosi di tale dosso, aveva violentemente urtato contro un muretto in cemento, riportando lesioni che ne avevano immediatamente causato il decesso.
Con la predetta sentenza, la Procura della Repubblica ipotizzava l’omicidio colposo, il Tribunale di primo grado configurava, invece, l’omicidio stradale. Tesi ribaltata dalla Corte di Appello che condivideva l’originaria ipotesi della Procura della Repubblica. La Cassazione ha propeso per la tesi del Tribunale di primo grado. Insomma le idee non sono chiarissime e gli orientamenti non sono univoci.
NOTE
- Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza n. 15456 del 11.03.2025 e pubblicata il 18 aprile 2025.
- Articolo 61 CdS rubricato “Sagoma Limite”.
- Articolo 16 regolamento di esecuzione CdS ”Provvedimenti di autorizzazione” in relazione all’articolo 10 cds rubricato “Veicoli eccezionali e trasporti in condizioni di eccezionalità”.
- Articolo 589-bis c.p. rubricato “Omicidio stradale”.
- Articolo 590-bis c.p. rubricato “Lesioni personali stradali gravi e gravissime”.
- Articolo 589 c.p. rubricato “Omicidio colposo”.
- Articolo 590 c.p. rubricato “Lesioni personali colpose”.
- Articolo 434 c.p. rubricato “Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”.
- Articolo 449 c.p. rubricato “Delitti colposi di danno”.
- Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza n. 45576 del 28/10/2021.
- Articolo 179 comma 9 regolamento di esecuzione CdS che recita testualmente “I dispositivi rallentatori di velocità prefabbricati devono essere approvati dal ministero dei Lavori pubblici – Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale. Tutti i tipi di rallentatori sono posti in opera previa ordinanza dell’ente proprietario della strada che ne determina il tipo e la ubicazione”.
- Articolo 42 CdS rubricato “Segnali complementari”.
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