Per la Cassazione assolutamente si, e con tutte le garanzie costituzionali!

Abstract: La Corte di Cassazione, in una recente pronuncia, ha ribadito che le garanzie costituzionali della inviolabilità e della segretezza della corrispondenza devono estendersi anche ai messaggi whatsapp e ad altre similari forme di comunicazione telematica
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La Corte di Cassazione1 recentemente si è espressa sulla particolare tutela da riconoscere alla messaggistica whatsapp, intesa come corrispondenza nella sua più ampia accezione, anche in considerazione del fatto che tali modalità di comunicazione non erano, evidentemente, prevedibili dai Padri Costituenti. Nel 2023 la Corte Costituzionale2 ha affermato che “il concetto di corrispondenza è ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano (idee, propositi, sentimenti, dati, notizie) tra due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza; in linea generale, pertanto, lo scambio di messaggi elettronici, email, sms, whatsapp e simili, rappresenta di per sé una forma di corrispondenza agli effetti degli artt. 153 e 68, terzo comma Cost.4”
Dopo questa doverosa e necessaria premessa, e prima di analizzare la statuizione di Giudici di legittimità, vediamo i fatti accaduti.
L’indagato, durante un controllo dell’autovettura, poi esteso alla persona, veniva trovato in possesso di sostanza stupefacente (cocaina), oltre che di banconote di piccolo taglio. Altri involucri venivano poi trovati presso l’abitazione della madre, per un totale di trenta dosi e di 90 euro. La Polizia Giudiziaria, per provare con più forza la condotta finalizzata allo spaccio e non all’uso personale, accedeva allo smartphone dello stesso, previa acquisizione del codice di sblocco dettato, e fotografava le chat di whatsapp atte a dimostrare lo spaccio della sostanza stupefacente, senza, però, effettuare il sequestro del cellulare, per metterlo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per gli accertamenti tecnici. L’imputato veniva condannato dal Tribunale di Taranto, e, in secondo grado, dalla Corte di Appello di Lecce, per il reato continuato di spaccio di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’articolo 73 comma 5 Testo Unico Stupefacenti5. Il condannato proponeva ricorso per Cassazione per tre motivi.
Con il primo motivo il difensore lamentava la violazione di legge riferita all’illegittima acquisizione della chat, in quanto effettuata senza avvisare l’indagato della facoltà di farsi assistere da un avvocato6 e del diritto di opporsi all’accesso sul proprio smartphone da parte della Polizia Giudiziaria. Il Giudice di primo grado riteneva utilizzabili i fotogrammi della chat, anche se in mancanza degli avvisi previsti per legge.
Nessuna rilevanza hanno il secondo ed il terzo motivo per questo approfondimento.
In riferimento al primo motivo, quindi, nonostante la Cassazione respingesse il ricorso, in quanto la condotta penalmente rilevante era stata comunque dimostrata da altri elementi, senza la necessità della chat illegittimamente acquisita, aveva modo di biasimare il comportamento della Polizia Giudiziaria.
Secondo la Suprema Corte, infatti, i contenuti presenti in un dispositivo informatico e la necessità di tutelare, in tal caso, il diritto al segreto della corrispondenza, consentono esclusivamente alla Polizia Giudiziaria il sequestro del device, per poi permettere all’Autorità Giudiziaria di effettuare le verifiche, ai sensi dell’art. 254 bis c.p.p., articolo introdotto nel 20087, e nel rispetto dell’articolo 353 c.p.p.8
I Giudici di legittimità hanno ribadito che per “corrispondenza” deve intendersi, non solo la tradizionale corrispondenza intercorsa a mezzo documenti cartacei, bensì anche quella avvenuta attraverso modalità telematiche, come email, SMS o messaggistica whatsapp. Tale interpretazione estensiva trova spazio anche nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Infatti, nella nozione di “corrispondenza” contenuta nell’articolo 8 CEDU9, devono essere considerati tutti i messaggi informatico-telematici nella loro dimensione statica, anche se già inviati e ricevuti dal destinatario10.
Sulla stessa linea ricordiamo le cc.dd. “sentenze gemelle” delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione11 ove si legge che quando la prova documentale ha ad oggetto comunicazioni scambiate in modo riservato tra un numero determinato di persone, indipendentemente dal mezzo tecnico impiegato a tal fine, occorre assicurare la tutela prevista dal già citato art. 15 Cost. in materia di “corrispondenza”.
In conclusione, se la prova della colpevolezza del condannato, per spaccio di stupefacenti, fosse stata basata esclusivamente sul contenuto della chat, illegittimamente acquisita, le sentenze di condanna di primo e secondo grado sarebbero state probabilmente annullate dalla Corte di Cassazione per violazione di legge, ovvero per violazione del principio di segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.
NOTE
- Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza n. 1269 del 20 novembre 2024 e depositata il 13 gennaio 2025.
- Corte Costituzionale, sentenza n. 170 del 22 giugno 2023 (c.d. caso Renzi).
- Articolo 15 Cost.: comma 1 “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.” – comma 2 “La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.”.
- Articolo 68 comma 3 Cost.: “Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”.
- DPR 9 ottobre 1990, n. 309 – articolo 73 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope), comma 5 che recita testualmente “Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione”.
- Combinato disposto dell’articolo 356 c.p.p. che recita testualmente “Il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 oltre che all’immediata apertura del plico autorizzata dal pubblico ministero a norma dell’articolo 353 comma 2” e dell’articolo 114 disp attuative c.p.p. che recita testualmente “Nel procedere al compimento degli atti indicati nell’articolo 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”.
- art. 254-bis c.p.p. rubricato “Sequestro di dati informatici presso fornitori di servizi informatici, telematici e di telecomunicazioni”, introdotto dalla Legge 18 marzo 2008, n. 48.
- art. 353 c.p.p. (Acquisizione di plichi o di corrispondenza) che recita testualmente: comma 1 “Quando vi è necessità di acquisire plichi sigillati o altrimenti chiusi, l’ufficiale di polizia giudiziaria li trasmette intatti al pubblico ministero per l’eventuale sequestro”. – comma 2 “Se ha fondato motivo di ritenere che i plichi contengano notizie utili alla ricerca e all’assicurazione di fonti di prova che potrebbero andare disperse a causa del ritardo, l’ufficiale di polizia giudiziaria informa col mezzo più rapido il pubblico ministero il quale può autorizzarne l’apertura immediata e l’accertamento del contenuto”. – comma 3 “Se si tratta di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altri oggetti di corrispondenza, anche se in forma elettronica o se inoltrati per via telematica, per i quali è consentito il sequestro a norma dell’articolo 254, gli ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di urgenza, ordinano a chi è preposto al servizio postale, telegrafico, telematico o di telecomunicazione di sospendere l’inoltro. Se entro quarantotto ore dall’ordine della polizia giudiziaria il pubblico ministero non dispone il sequestro, gli oggetti di corrispondenza sono inoltrati”.
- Rubricato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza”.
- Da segnalare un indirizzo giurisprudenziale italiano contrario, seppur minoritario, secondo cui la corrispondenza già ricevuta e letta dal destinatario non è più un mezzo di comunicazione, ma un semplice documento.
- Corte di Cassazione SS.UU., sentenze n. 23755 e n. 23756 del 29.02.2024.
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