Al concorso di Trento sono assunti solo i vincitori di sesso maschile

Abstract: L’unica donna, peraltro madre di 5 figli, vincitrice a pieno titolo dell’ultimo concorso interno per l’avanzamento al ruolo di coordinatore della Polizia Locale di Trento non è stata assunta, a differenza dei vincitori di sesso maschile, perché pur di non assumere lei il suo posto è stato coperto con una mobilità esterna di un collega sempre di sesso maschile. Alle sue rimostranze le è stato offerto al massimo un ruolo amministrativo e per questo ha presentato ricorso al Giudice del Lavoro che dovrà valutare anche altri episodi di mobbing e demansionamento subiti sul posto di lavoro chiedendo anche un risarcimento di oltre 100.000 euro. Il mai sopito maschilismo ritorna ancor più prepotentemente nonostante la retorica delle pari opportunità.
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Da anni una agente della polizia locale di Trento attende il riconoscimento del ruolo che ritiene le spetti di diritto. La vicenda, oggi all’esame del giudice del lavoro, è stata oggetto anche di un’interrogazione in consiglio comunale.
Il concorso e la graduatoria
Nel 2021 la dipendente, in servizio dal 2007, ha partecipato a un concorso interno per il passaggio da categoria C base a C evoluto (il CCNL è differente dal resto dell’Italia poiché la regione Trentino Alto Adige è a statuto speciale).
La selezione metteva a disposizione quattro posti di agente di polizia municipale con funzioni di coordinatore. La poliziotta si è classificata quarta, unica donna tra i vincitori. Tuttavia, mentre i tre colleghi uomini che la precedevano sono stati promossi, lei non ha ricevuto la nomina ed è rimasta nella categoria inferiore con pregiudizio professionale ed economico.
Il bando specificava che le nomine sarebbero state legate alle esigenze del corpo, come pensionamenti o trasferimenti. Nonostante negli anni successivi vi siano state più di quattro cessazioni, dopo le prime tre nomine l’amministrazione ha preferito assegnare l’incarico a un coordinatore proveniente da un altro comando piuttosto che alla vincitrice del concorso interno, quasi come ci fosse contro di lei una conventio ad escludendum.
Le difficoltà sul lavoro
La poliziotta non contesta solo la mancata promozione, ma un percorso professionale che definisce segnato da discriminazioni e mobbing. In passato, con figli piccoli, le era stato negato l’esonero dai turni notturni ed era stata temporaneamente trasferita. In un solo giorno ricevette due provvedimenti disciplinari. Oggi, nonostante le numerose abilitazioni (ricezione querele, attività di perquisizione, fotosegnalamento, pattuglie in borghese), è stata destinata al ruolo di vigile di quartiere, mansione che ritiene riduttiva rispetto alle sue competenze.
La battaglia legale
Assistita dall’avvocato Zeno Perinelli, la donna chiede di essere assunta nel ruolo di coordinatore, come previsto dalla graduatoria, e il risarcimento per i mancati avanzamenti: sia la differenza salariale rispetto a un coordinatore, sia il danno da demansionamento e quello biologico per lo stress subito. La cifra stimata supera i 100.000 euro che se riconosciuti costituiranno un danno erariale.
La posizione dell’amministrazione
Il Comune respinge le accuse, sostenendo che i posti da coordinatore si siano esauriti ma non spiega perchési sia preferito coprire il posto libero arrivando addirittura ad accettare una mobilità ossia il trasferimento di un uomo da un altro comune piuttosto che immetetre in ruolo la vincitrice del concorso interno alla quale, dopo la vertenza, ci si è limitati ad offrire un ruolo amministrativo senza uniforme che non è solo umiliante e demansionante ma anche pregiudizievole sul piano economico.
Ancora nel XXI secolo sopravvive il patriarcato ed essere donne, peggio ancora se madri di 5 figli, costituisce una colpa, nonostante la retorica politica delle pari opportunità assicurate a tutti e delle politiche a favore delel famiglie.
La vicenda sarà decisa dal Giudice del Lavoro di Trento e in ogni caso a pagare saranno i cittadini con le loro tasse.

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